LEGGO IL TESTO
Dal Vangelo secondo Matteo 20,1-16
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.
Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e dai loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”.
Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».
Liturgia della Parola: https://www.lachiesa.it/calendario/Detailed/20230924.shtml
MI LASCIO ACCOMPAGNARE NELLA MEDITAZIONE
Il rimprovero ai pastori cattivi «che pascono se stessi» (Ez 34,2) è accostato dalla liturgia di questa domenica, XXV del Tempo Ordinario, alla parabola degli operai chiamati a lavorare nella vigna, in cui si accendono i riflettori sul mistero dell’invidia, malattia dell’anima che rende incapaci i nostri occhi di godere del bene e della misericordia di Dio.
«Venuti quelli delle cinque del pomeriggio ricevettero ciascuno un denaro» (Mt 20,9). Eppure, se leggiamo il testo con attenzione, ci accorgiamo che la lamentela degli operai della prima ora non rivendica un aumento di salario, ma protesta la generosità del padrone verso gli ultimi. La loro mormorazione non nasce da un bisogno ma da una passione del cuore che, dietro l’apparente senso di giustizia, tradisce un modo di pensare non «degno del vangelo di Cristo», direbbe san Paolo (Fil 1,27).
Carissimi amici, il fuoco della bontà non brucia ma cuoce, mentre la gelosia e l’invidia non possono che consumare fino ad annientare. La bontà va oltre la giustizia. La giustizia non basta per essere uomini. Tanto meno basta per essere Dio. Neanche l’amore è giusto, è altra cosa, è di più. Perché non si accende la festa davanti a questa bontà, perché non sono contenti tutti, i primi e gli ultimi? Perché la felicità viene da uno sguardo buono e amabile sulla vita e sulle persone. Se l’operaio dell’ultima ora lo sento come mio fratello o mio amico, allora sono felice con lui per la paga eccedente. Se invece mi ritengo operaio della prima ora e misuro le fatiche, se mi ritengo un cristiano esemplare, che ha dato a Dio tanti sacrifici e tutta la fedeltà, che ora attende ricompensa adeguata, allora posso essere urtato dalla retribuzione uguale data a chi ha fatto molto meno di me. Drammatico: si può essere credenti, sacerdoti, catechisti, consacrati e non essere buoni! La bontà di Dio si esprime in una capacità di andare oltre il merito, per guardare invece al bisogno di ciascuno fino a saperlo ricolmare in pienezza.
Carissimi amici, esiste una vita più bella e più grande di quella dove si passa il tempo a inseguire i primi posti. L’amore sovrabbonda, può dare la felicità anche a coloro che si sono sentiti esclusi, senza la possibilità di lavorare. A coloro che nessuno aveva chiamato, agli ultimi, agli esclusi, viene ridata la dignità di uomo, di lavoratore, e quindi viene data loro la stessa paga.
Dio ci ricompensa non per quello che facciamo, ma per quello che siamo: lavoratori che Lui chiama a contribuire alla realizzazione del suo Regno. Egli vuole che tutti partecipiamo alla condivisione dei frutti del lavoro, per vivere in pienezza la bontà dell’amore. Il giusto equilibrio dell’amore.
di Padre Walter Vinci MI
ESERCIZIO PER L’ANIMA
Dove sono oggi, a lavorare nella vigna o ad attendere l’arrivo del padrone nella piazza?
In che situazioni della mia vita la fede per me è solo un dare per avere?
Quando e/o dove il Signore mi ha ripagato con molto più di quello che secondo me “mi spettava”?
PREGHIERA
Ti voglio benedire ogni giorno,
lodare il tuo nome in eterno e per sempre.
Grande è il Signore e degno di ogni lode;
senza fine è la sua grandezza.
Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Buono è il Signore verso tutti,
la sua tenerezza si espande su tutte le creature.
Giusto è il Signore in tutte le sue vie
e buono in tutte le sue opere.
Il Signore è vicino a chiunque lo invoca,
a quanti lo invocano con sincerità.
Sal 144