LEGGO IL TESTO
Dal Vangelo secondo Matteo 10,17-21
In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli:
«Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani.
Ma, quando vi consegneranno, non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell’ora ciò che dovrete dire: infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi.
Il fratello farà morire il fratello e il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato».
Liturgia della Parola: http://www.lachiesa.it/calendario/Detailed/20221226.shtml
MI LASCIO ACCOMPAGNARE NELLA MEDITAZIONE
Dopo la gioia del Natale, la Chiesa celebra il martirio di Santo Stefano. Dopo la gioia del Natale… un episodio di cronaca nera sembra rovinare questa magia.
Chi è Stefano? Il testimone autentico del mistero dell’Incarnazione. È bello notare il collegamento che Stefano ha con Cristo. Il Figlio testimone del Padre. Stefano “primo” testimone del Figlio.
Carissimi, il Natale non è magia. Lasciamola ai bambini. Il Natale non è poesia. La festa odierna ci ricorda quali drammatiche conseguenze porta con sé la scelta di accomodarci alla mensa di un mondo abitato dalle tenebre del male: «Il fratello farà morire il fratello e il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato» (Mt 10,22).
Il sangue di Stefano ci ricorda, che la vita merita di essere offerta. Ecco il senso strano di questa festa subito dopo la gioia del Natale. Ci vuole ricordare che il “principio” di una vita si manifesta pienamente nella sua fine e nel suo fine.
Dio è nato come uomo per darci la possibilità di autenticare la nostra umanità fino ad «amare anche i nostri nemici» (Colletta) ed esprimere, con la nostra povera realtà, la ricchezza della sua divina compassione.
Le ultime parole che Stefano pronuncia nel momento della sua morte sono una vera e propria rivelazione di come e quanto il Natale di Gesù ci abbia restituito l’immagine e la somiglianza con Dio, perduta a causa del peccato: «Signore, non imputare loro questo peccato» (At 7,60).
Perdonare non significa forzarsi di nutrire sentimenti ancora assenti nel nostro cuore, ma desistere dal tentativo di chiedere a Dio la complicità nel giudizio che nutriamo verso gli altri, soprattutto verso coloro che sono all’origine del nostro soffrire.
Questa è la conseguenza splendida e terribile del Natale: anche la nostra umanità è ormai il luogo dove si può manifestare un riflesso della compassione e della fedeltà di Dio all’uomo.
ESERCIZIO PER L’ANIMA
In cosa Dio mi chiede di perseverare?
In che occasione sono riuscito a dire il mio “sì”, affidandomi a Dio anche se il tribunale che mi abita ripeteva che non sono abbastanza?
In cosa posso riconoscere lo Spirito di Dio che mi guida?
PREGHIERA
Sii per me una roccia di rifugio,
un luogo fortificato che mi salva.
Perché mia rupe e mia fortezza tu sei,
per il tuo nome guidami e conducimi.
Alle tue mani affido il mio spirito;
tu mi hai riscattato, Signore, Dio fedele.
Esulterò e gioirò per la tua grazia,
perché hai guardato alla mia miseria.
Liberami dalla mano dei miei nemici
e dai miei persecutori:
sul tuo servo fa’ splendere il tuo volto,
salvami per la tua misericordia.
Salmo 30