LEGGO IL TESTO
Dal Vangelo secondo Matteo 28,16-20
In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato.
Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».
Liturgia della Parola: https://www.lachiesa.it/calendario/Detailed/20230521.shtml
MI LASCIO ACCOMPAGNARE NELLA MEDITAZIONE
Celebriamo oggi la festa dell’Ascensione del Signore, evento narrato non solo nel brano del vangelo che abbiamo ascoltato, ma anche nella prima lettura, dal brano degli Atti degli apostoli: «Gesù fu elevato in alto sotto gli occhi degli apostoli e una nube lo sottrasse al loro sguardo» (At 1,9).
Desidero soffermare la nostra attenzione su due sfumature presenti nel vangelo: gli undici e la montagna.
Gli undici andarono in Galilea…
…non più dodici, ma undici. Un numero che porta dentro di sé il tradimento e l’incompletezza, la fragilità e la povertà, la precarietà e il fallimento. Non sono più dodici, ma undici a cause del tradimento di Giuda, del fallimento.
Carissimi amici, non dobbiamo dimenticare di essere Undici, mai dodici, mai pienezza, sempre un passo dietro, sempre mancanti, sempre uomini che pecchiamo, che falliamo, uomini delle Beatitudini in cerca di perfezione. Siamo chiamati a testimoniare di essere Undici, cioè bisognosi, incompleti e affamati, esposti sul vertiginoso abisso dell’Assoluto come ingenui innamorati e non come coraggiosi eroi. Siamo il cieco che grida ai bordi della strada, Zaccheo raccolto dal sicomoro, Pietro quando rinnega e poi piange, la prostituta innamorata e scandalosa, Giuda che tradisce e poi si pente. Undici immagine dell’uomo peccatore, ma amato e perdonato. L’Undici è lo spazio della nostra libertà e della nostra testimonianza a cui siamo chiamati. È uno spazio profetico, in un mondo che, come sempre, cerca le cose che funzionano, che servono, che rispondono ai bisogni, che desidera raggiungere in maniera egoistica il “dodici”. Il mondo in cui viviamo ci chiede di funzionare, di organizzare e costruire, di moltiplicare le iniziative, di esserci sempre e per tutti, per fortuna è impossibile, la logica del bisogno è inesauribile. Occorre ricordarsi di essere Undici. E per sempre discepoli. Non maestri, discepoli. E il discepolo ha bisogno di salire sul monte, di compiere un cammino mistico. Ed è l’unica cosa che conta: camminare verso il monte.
…andarono in Galilea sul monte che Gesù aveva loro indicato.
È splendido questo passaggio, la Galilea e il monte. La Galilea è il luogo del quotidiano e il monte è il luogo della manifestazione del divino, sul monte ci si inginocchia e ci si tolgono i sandali. Siamo chiamati a inginocchiarci al divino che danza dentro le storie di tutti i giorni. Ognuno di noi è Galiela e monte. Ognuno di noi è “undici” in Galilea e sul mone. Nella nostra quotidianità, con l’umanità che incontriamo quotidianamente, sarà undici, sarà incompleta , sarà fragile, ma è Galilea e monte e noi siamo chiamati solo ad amarla, a inginocchiarci davanti al mistero di un bambino che nasce, guardando con ammirazione le famiglie che tentano, in questo mondo complesso, di tirare avanti come meglio possono, condividendo il pane dell’eucarestia che non è pane da meritare ma cibo gratuito indispensabile per attraversare il deserto. Accompagnando la crescita dei figli e stando accanto agli ammalati e ai morenti. Da fragile condividere le fragilità, da “Undici” con “Undici” nel mistero divino della quotidianità.
Carissimi, essere Undici non è una vergogna, è il nostro nome: noi siamo Undici. La mancanza non è più da nascondere, il tradimento non è errore di percorso, tutto, davvero tutto è in quel nome: Undici. E tutta la nostra storia fatta di fragilità, di peccato, ma riconosciuta e amata da Dio.
Il Vangelo raccoglie tutta la nostra storia, non stende un velo di oblio sui nostri errori, non nasconde il passato sotto cumuli di giustificazioni, il Vangelo ci guarda negli occhi chiamandoci col nome che ci siamo costruiti. Con il tempo. Senza vergogna e sensi di colpa. Undici.
Io sono Undici, è solo in questa dimensione comprendiamo che ogni angolo del mondo, della terra, dell’umanità, della mia umanità è un monte che parla di Dio.
“Andate è fate discepoli..” ci dice il vangelo. Se fossimo nell’illusione del Dodici dovremmo essere dei maestri, invece siamo chiamati ad essere discepoli tra i discepoli.
Solo da discepoli possiamo andare fino alla fine del mondo per chiamare altri discepoli a vivere di Dio nel monte della nostra quotidianità.
di Padre Walter Vinci MI
ESERCIZIO PER L’ANIMA
Quale perplessità mi tiene lontano da un autentico incontro col Signore?
A quale promessa di eternità credo? Cosa per me non può morire?
Cosa vedo, se oggi alzo lo sguardo?
PREGHIERA
Popoli tutti, battete le mani!
Acclamate Dio con grida di gioia,
perché terribile è il Signore, l’Altissimo,
grande re su tutta la terra.
Ascende Dio tra le acclamazioni,
il Signore al suono di tromba.
Cantate inni a Dio, cantate inni,
cantate inni al nostro re, cantate inni.
Perché Dio è re di tutta la terra,
cantate inni con arte.
Dio regna sulle genti,
Dio siede sul suo trono santo.
– Salmo 46 –