LEGGO IL TESTO
Dal vangelo secondo Luca 16,19-31
In quel tempo, gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!».
Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe.
Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stríngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?
Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».
Liturgia della Parola: http://www.lachiesa.it/calendario/Detailed/20221002.shtml
MI LASCIO ACCOMPAGNARE NELLA MEDITAZIONE
La Liturgia della Parola di questa domenica, XXVII del Tempo Ordinario, ci conduce in un momento di particolare intensità e intimità nel rapporto tra Gesù e i suoi discepoli.
Egli con semplicità ci mostra che il discepolato non si deve limitare a momenti pubblici, di servizio, di apparenza, ma ad opportunità di crescita e maturazione.
È bello notare che proprio durante un momento di assenza delle folle, di attività parrocchiali, gli apostoli rivolgono al Maestro una richiesta che ha il sapore di un grido: «Accresci in noi la fede!». È il nostro grido, che si leva dal cuore consapevoli che la fede è, sì, uno straordinario dinamismo interiore ma che, al tempo stesso, è una realtà fragile, delicata, che corre il rischio di atrofizzarsi, che tutto si consuma nel “fare” parrocchiale, comunitario, nel “fare pastorale”.
La risposta che Gesù offre alla richiesta dei discepoli costringe ogni credente a interrogarsi e a riflettere sulle proprie aspettative circa la vita spirituale: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe».
In questo modo Gesù afferma che la fede è un mistero di relazione fondata non su una quantità di gesti da realizzare, ma sulla qualità di un’apertura di cuore. La fede è dinamica e opera solo se è genuina. Ne basta poca per fare cose grandi.
Il paradosso dell’albero sradicato e piantato nel mare traduce la potenza della fede che, pur somigliando al granello di senape (che è ritenuto il seme più piccolo), può realmente incidere nella storia.
Gesù delude l’aspettativa di una vita religiosa basata sui meriti e sulle prestazioni, offrendo al nostro desiderio una traiettoria diversa, certamente più profonda e liberante: «Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: ‘Vieni subito e mettiti a tavola’? Non gli dirà piuttosto: ‘Prepara da mangiare, stringiti le vesti ai fianchi e servimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu’?» (Lc 17,7-8).
Credere, secondo il vangelo, significa accogliere la sfida della paternità di Dio in Cristo, cioè giocarsi seriamente con la logica del Regno, in cui ciascuno è disposto a morire a se stesso pur di rinascere in una vita nuova e in comunione con gli altri, ormai nostri fratelli.
Credere in Dio e mettersi a suo servizio è un modo di vivere che non ha bisogno di ulteriori ricompense, perché essere discepoli del Signore Risorto è già una ricompensa in sé. Avere fede significa accogliere il tempo come l’occasione di conoscere la volontà di Dio e di poterla compiere «con la fede e l’amore, che sono in Cristo Gesù» (2Tm 1,13). Sapendo che le cose che Dio ci chiede sono — in realtà — soltanto i regali che ci ha già fatto: «Figlio mio, ti ricordo di ravvivare il dono di Dio, che è in te» (2Tm 1,6). La fede non va aumentata, ma va radicalizzata.
Il rapporto tra Dio e l’uomo non è quello di un datore di lavoro e di un salariato, ma è piuttosto quello dell’amore nuziale che si dona senza calcolare ed è tanto più felice quanto più si può dare con intensità e gratuità. Così il dono della fede è sempre pieno, come lo sono i gesti di un amore autentico. Si tratta di una pienezza che non è data una volta per tutte ma, per sua natura, è continuamente in crescita e lo è – prima di tutto e soprattutto – nella linea della profondità. Sempre uguale a se stessa, la fede, non potendosi accrescere quantitativamente, si può sempre approfondire in un dinamismo di perenne novità… proprio come l’amore.
ESERCIZIO PER L’ANIMA
Cos’è per me la fede? In quali occasioni ne faccio esperienza?
Come reagisco di fronte ai dubbi di fede? Chi mi accompagna?
Cosa in me è radicato e germoglia, con la stessa forza di un seme?
PREGHIERA
Venite, cantiamo al Signore,
acclamiamo la roccia della nostra salvezza.
Accostiamoci a lui per rendergli grazie,
a lui acclamiamo con canti di gioia.
Entrate: prostràti, adoriamo,
in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti.
È lui il nostro Dio
e noi il popolo del suo pascolo,
il gregge che egli conduce.
Se ascoltaste oggi la sua voce!
«Non indurite il cuore come a Merìba,
come nel giorno di Massa nel deserto,
dove mi tentarono i vostri padri:
mi misero alla prova
pur avendo visto le mie opere».
Salmo 94