LEGGO IL TESTO
Dal Vangelo secondo Matteo 23,1-12
In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo:
«Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito.
Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente.
Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo.
Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».
Liturgia della Parola: https://www.lachiesa.it/calendario/Detailed/20231105.shtml
MI LASCIO ACCOMPAGNARE NELLA MEDITAZIONE
Chi è il grande? Cosa significa essere grandi?
«Io sono un grande re» e come se non bastasse «il mio nome è terribile fra le nazioni» (Mal 1,14) abbiamo ascoltato nella prima lettura.
Carissimi, il problema non è essere più o meno grandi, ma capire che cosa ci renda veramente grandi e in che modo questa grandezza vada non imposta agli altri, ma accolta come dono dagli altri e per gli altri.
Le parole autobiografiche dell’apostolo Paolo – che abbiamo ascoltato nella seconda lettura – ci aiutano a comprendere meglio questo essere grandi: «siamo stati amorevoli in mezzo a voi, come una madre che ha cura dei propri figli» (1Ts 2,7).
Cosa rende grande l’uomo? L’amore. Un amore che è sinonimo di una operosità umile e senza nessun privilegio: «voi ricordate il nostro duro lavoro e la nostra fatica: lavorando giorno e notte, per non essere di peso ad alcuno di voi» (2,9) – continua l’apostolo Paolo nella seconda lettura.
«Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato» (Mt 23,11).
Essere grandi significa prendersi cura! Essere adulti significa aiutare e sostenere la crescita di quanti sono più piccoli senza mai voler pesare sugli altri ma, al contrario, cercando di dare ai nostri fratelli e sorelle la speranza di poter contare – e talora pesare – su di noi senza nessun imbarazzo.
Noi, siamo facili nel vivere citando la Parola di Dio. Noi consacrati, ancora di più. Siamo bravi. Siamo conoscitori. Ricordiamo a memoria. Chiediamoci: quanto questo vangelo è fuso nella nostra umanità? Quanto questo vangelo, che citiamo a memoria, è impastato con la nostra quotidianità?
Madeleine Delbrel scriveva: Nulla al mondo ci darà accesso al cuore del nostro prossimo se non avremo permesso a Cristo di accedere al nostro stesso cuore» (M. DELBREL, Noi altri, gente di strada).
Comprendete, carissimi amici, che infastidisce chiunque dice e non fa! Chi comanda e non aiuta. È veramente antipatico chi si propone e a volte si impone come maestro e vive come se le cose che indica e impone non lo riguardassero.
Oggi c’è una grande e, per molti versi, giustificata diffidenza nei confronti di chiunque guida e di chiunque la vita ci mette davanti e sopra.
Tanti hanno preso le distanze dalla politica, dalla chiesa, dai genitori, dai professori, dagli adulti in genere. E infatti non si guarda avanti, a chi ci guida, ma si guarda indietro, a chi ci segue.
È più facile vedere adulti che fanno come i ragazzini che ragazzi che vogliono diventare adulti. Il risultato è penoso.
Abbiamo perso di vista il bene, il nostro e quello delle persone a noi affidate e siamo solamente preoccupati del look, dei selfie, dello specchio e dei like.
Se penso di poter fare a meno delle cose che chiedo e le pretendo dagli altri vuol dire che quello che sto chiedendo non è necessario per nessuno.
Se non serve a noi non serve neanche agli altri. E se serve agli altri non può non servire anche a me. Siamo fatti della stessa pasta, delle stesse esigenze e degli stessi desideri. Non posso parlare di amore verso il prossimo ed io non lo amo. Non posso parlare di perdono ed io non perdono. Non posso parlare di riconciliazione ed io non riconcilio. Non posso parlare di pace quando il mio cuore è in guerra.
Chi sta sopra non può schiacciare. Ognuno di noi è sopra. Non può schiacciare. Sarebbe un mostro.
Chi sta avanti non può lasciare indietro. Ognuno di noi è avanti. Sarebbe un egoista insopportabile.
Chi guida e insegna non può mortificare perché verrebbe meno alla grandezza del suo compito.
Non chiamare nessuno “padre” e nessuno “maestro” è un invito ad avere sempre come modelli il Padre del cielo che fa sorgere il sole sui buoni e sui cattivi e corre incontro al figlio che lo aveva abbandonato e il maestro che non è venuto per farsi servire ma per servire e dare la vita.
Chi è il grande?
Colui che mangi spezzando il pane con chiunque,, colui che guarda il mondo con l’ingenuità di un bambino; colui che non si lascia scandalizzare dai banchetti e dai posti assegnati.
Il “grande” è colui sente sincera misericordia verso chi si illude di essere felice solo per essere invitato al primo posto- “Grande” è colui che respira il mondo e ved negli alberi le colonne del tempio, nelle pietre i seggi delle sinagoghe, nei tronchi rovesciati gli altari del sacrificio e celebra il rito della vita inchinandosi ad ogni vivente, umano, animale e vegetale. “Grande” è colui che saluta tutti, nelle piazze, sui sentieri, nei boschi, saluta gli animali, le piante, le nuvole, saluta il vento, il silenzio, il sole, la pioggia.
“Grande” è colui che ride dei maestri, che perdona se ci hanno fatto male; colui che ride, ride di gusto se qualcuno crede di poter riuscire finalmente a prenderci in giro, a ridere di me, a ridere del mondo, a ridere di gusto per ogni tentativo di insegnare la vita, che va solo vissuta e respirata e venerata.
Impareremo la vita, carissimi, solo dai servi e dagli umili, perché alla vita non va comandato niente, perché bisogna ascoltarla la vita, e prenderla così come viene e sapere che, umilmente, noi non possiamo far altro che aspettare, non possiamo far altro che lasciarci prendere, e lasciarci salvare.
Uno solo è il padre, quello celeste, e lui solo ho visto, lui solo ho riconosciuto, lui solo ho amato quando il mio di padre, quello terrestre, mi ha consegnato alla terra, alla vita, una vita benedetta nonostante tutto.
di Padre Walter Vinci MI
ESERCIZIO PER L’ANIMA
Quando ho agito solo per compiacere?
In che luogo del mio cuore avverto divisione?
In che occasione mi sono riscoperto coerente alla mia natura di figlio amato?
PREGHIERA
Signore, non si esalta il mio cuore
né i miei occhi guardano in alto;
non vado cercando cose grandi
né meraviglie più alte di me.
Io invece resto quieto e sereno:
come un bimbo svezzato in braccio a sua madre,
come un bimbo svezzato è in me l’anima mia.
Israele attenda il Signore,
da ora e per sempre.
Sal 130