Cappellania e pandemia
a cura di Padre Renato Salvatore, MI
Questa è una breve riflessione alla luce di quanto sto vivendo durante l’attuale pandemia da Covid-19. Nulla di importante poiché occorre prima uscirne: oggi nessuno è in grado di sapere quanto, come e dove questa pandemia inciderà. Forse, per noi è più importante capire come la stiamo affrontando. E questa operazione per un camilliano richiede un ritorno alle origini dell’Ordine, al vissuto del fondatore e dei suoi primi confratelli.
La pandemia si ricollega al nostro quarto voto di servizio ai malati negli ospedali e case private, con tutte le opere di misericordia materiali e spirituali possibili; e considerando ogni persona nella sua dimensione psico-fisica. Tutto ciò anche nelle situazioni in cui si rischia seriamente la propria vita, cosa facile nelle frequenti epidemie di quell’epoca. Per un camilliano questo è lo specifico modo di servire, e la sua spiritualità prende forma proprio da tale servizio ai malati senza se e senza ma. Anzi, il rischio della propria vita funge da ulteriore e potentissimo sprone per chiedere di essere annoverato fra coloro che partecipano alla “sagra della carità”.
S. Camillo avrebbe valutato questa pandemia proprio una “sagra”, una festa da non perdere, alla quale partecipare in prima persona, dall’inizio alla fine. È quello che immagino stiano vivendo i camilliani in ogni parte del mondo, ognuno con la traduzione, localmente, del carisma in opportune forme di ministero.
La mia esperienza è quella di un cappellano che ha il privilegio di stare in un ospedale vicino a Bucchianico e le cui radici affondano nella decisione del fondatore di inviare, nel 1605, dei religiosi nell’antico ospedale SS. Annunziata. Si vive la seconda ondata del Covi-19 meno impattante della prima, ma maggiormente logorante per il suo protrarsi verso una conclusione di cui non sono chiare né il quando, né il come. A differenza delle ordinarie malattie, questa pandemia riesce a penetrare in tutti gli ambiti più reconditi e considerati protetti dell’esistenza umana. Le conseguenze non sono soltanto fisiche, ma anche mentali e spirituali. Non trasforma soltanto l’esistenza dell’individuo ma destruttura l’equilibrio dei sistemi sociali, economici e politici.
Già da ora occorre iniziare a prestare attenzione a questa potente e devastante azione della pandemia per affrontare al meglio il “post trauma da Covid-19”. Anche a questo ci sollecita il nostro quarto voto nella sua visione olistica della presa in cura della persona. La carità, se fecondata dallo Spirito, diventa creativa aprendoci occhi e cuore e donando forza alle nostre mani per incamminarci sui giusti sentieri, con l’apertura verso chiunque voglia collaborare all’opera di ricostruzione.
Per una cappellania come la mia ciò comporta il coinvolgimento di chi opera all’interno di questo ospedale e una maggiore apertura al territorio (ecclesiastico e civile). Occorre andare oltre, pensare e agire con gli altri, sognare senza temere se il sogno sembra irraggiungibile, con la consapevolezza di dover essere sempre e ovunque “lievito” di una “pasta” che già esiste.
Questa è una sfida esaltante per tutti coloro che, “vocati”, intendono mettersi al servizio del “Regno” operando nel mondo della salute. Un sogno ad occhi aperti, una “beatitudine” che riempie di gioia: “Beati voi, se potrete essere accompagnati al tribunale di Dio da una lacrima, da un sospiro, da una benedizione di questi poveri infermi” (S. Camillo de Lellis).