Un disegno d’amore!
Giuseppina, al secolo Giuditta Adelaide Agata Vannini, nasce a Roma il 7 luglio 1859, è la seconda di tre figli. Riceve il sacramento del battesimo nella chiesa di sant’Andrea delle Fratte il giorno seguente. Pochi anni dopo però perderà prima il papà e poi anche la mamma. Questa situazione porterà a prendere una decisione dolorosa ma necessaria, quella di separare i tre fratelli. Giuditta verrà affidata ad un orfanotrofio romano, tenuto dalle figlie della carità di San Vincenzo de Paoli, dove sarà educata alla fede e crescerà docile, buona e con una particolare indole riflessiva, che le ritornerà utile nel corso della vita. All’età di 13 anni il 19 marzo 1873 riceverà la prima comunione e la cresima.
Le vie del Signore non sono le nostre vie, lui ha in serbo per ciascuno di noi un progetto di vita, grande. Giuditta dopo aver ottenuto il diploma per insegnane chiede di essere ammessa al noviziato delle Figlie della carità a Siena, ma il Signore che ha tempi e modi diversi dai nostri, le farà capire che non è questa la sua strada, e cosi dopo un periodo di prova viene definitivamente dimessa, sia per motivi di salute, ma anche perché ritenuta non adatta.
Giuseppina ha 32 anni, sente forte il desiderio di donarsi al Signore, di fare di sé un dono. Ma non riesce ancora a capire quale è la sua strada. Partecipa ad un corso di esercizi spirituali tenuto dal Camilliano Luigi Tezza (cofondatore delle Figlie di San Camillo, oggi beato), il quale suscita in lei un moto dello spirito talmente forte che la porterà ad esprimere questo desiderio grande al padre predicatore, l’ultimo giorno degli esercizi il 17 dicembre 1891. Il padre era stato incaricato nei mesi precedenti di ricostituire l’ordine terziario camilliano, senza però un esito positivo. Il desiderio di Giuditta e l’insuccesso del padre, sono provvidenziali, è l’intuizione di un istante, padre Luigi, chiede a Giuditta di impegnarsi in questo, la caratteristica riflessiva le farà rispondere al padre che ha bisogno di tempo per pensarci un poco, la quale risponderà: «Padre, lasciatemi riflettere; vi darò una risposta». Due giorni dopo si presenta: «Eccomi a sua disposizione per il suo progetto. Non sono capace di nulla io. Confido però in Dio». Racchiuse in queste poche battute vediamo tutte le qualità di Giuditta, la sua docilità, la sua capacità riflessiva la sua bontà e la sua volontà di donarsi in tutto e per tutto al Signore, lasciandosi plasmare dalla sua grazia.
Padre Tezza, informati i superiori dell’ordine e ottenuto il permesso del cardinale Vicario, inizia con la formazione delle suore, scopre in Giuditta le caratteristiche di una donna forte, sicura di sé, donna di preghiera e con un grande spirito di sacrificio: ha tutte le carte in regola per essere la fondatrice. Giuditta insieme a Vittorina ed Elisa inizia a fare vita comune, alla scuola del padre Tezza. Il 2 febbraio 1892, ricorrenza importantissima per i camilliani, infatti ricorre il giorno della conversione di san Camillo, ricevono lo scapolare con la croce rossa, è la nascita di una nuova famiglia religiosa, è un nuovo germoglio sul grande albero della famiglia camilliana! Il 19 marzo seguente le tre donne ricevono l’abito, Giuditta prende il nome di Maria Giuseppina, viene nominata superiora e con l’aiuto del padre Tezza vengono redatte la regola e le costituzioni e stabilito in fine del nuovo istituto: l’assistenza agli ammalati anche con il pericolo della vita, anche a domicilio! La pandemia del covid-19 le ha viste maestre in questo grande ministero di servizio!
Tra grandi e piccole prove quotidiane inizia il cammino di questa nuova famiglia religiosa, a fine 1893 saranno già 14 e nel 1894 aperte due nuove case: a Cremona e Mesagne, ma ancora non arriva l’approvazione ecclesiastica. Leone XIII non riteneva opportuna la nascita di nuove famiglie religiose e per due volte si oppone alla richiesta del padre Tezza, sarà il cardinale Vicario ad eleggere a Pia Associazione la nascente famiglia, ma una nuova prova, ben più dolorosa si nasconde dietro l’angolo. Il carattere buono e affabile del padre che chiama le suore “le mie figlie”, viene male interpretato da alcuni che con stendono l’ombra delle maldicenze e della calunnia sui rapporti che legavano padre Tezza e le suore.
Padre Tezza verrà dapprima allontanato, non potrà più confessare e avere rapporti con le suore e successivamente alla fine del 1900 gli verrà chiesto di recarsi a Lima in Perù, in qualità di visitatore di quella comunità, da dove non farà più ritorno, mantenendo con le sue figlie un rapporto epistolare fino alla sua morte avvenuta il 26 settembre 1923.
Il peso del nascente istituto è affidato a madre Giuseppina che non si perde d’animo nonostante la mancanza del padre, e fiduciosa nel Signore che effonde numerosi i suoi benefici, continua nella sua opera di fondazione e diffusione riesce a portare l’istituto in varie parti d’Italia, Francia, Belgio e in Argentina.
Nonostante una salute debole, spesso travagliata, la fondatrice non si risparmia: visita ogni anno le case, si prodiga per le suore e le accompagna con amabilità e con vigore. Il 21 giugno 1909, dopo tante resistenze, riesce ad ottenere il decreto di approvazione diocesana sotto il titolo di Figlie di San Camillo.
La malattia, si complica nel 1909, Giuseppina soffre nel corpo e nello spirito: ha paura per le sorti del suo istituto.
Sentendo avvicinarsi il momento della sua dipartita, ripete alle figlie: «Fatevi coraggio! Anzitutto è Dio che manda avanti le cose e non io. E poi dal paradiso potrò fare voi di più di quello che non faccio stando in questo mondo. Quando io non sarò più, credete pure che si farà meglio di quanto non si faccia adesso».
Purificata ulteriormente dal dolore, il 23 febbraio 1911 madre Giuseppina rende serenamente l’anima a Dio. Lascia sedici case religiose in Europa e America e 156 religiose professe.
I suoi funerali vengono celebrati il giorno seguente; al termine, la sua salma viene sepolta nel cimitero del Verano a Roma. Nel 1932 i resti mortali vengono riesumati e traslati nella chiesa della casa madre delle Figlie di San Camillo, in via Giusti.
La causa di beatificazione di madre Giuseppina viene avviata presso il tribunale del Vicariato di Roma l’8 giugno 1955.
Come possibile miracolo per ottenere la sua beatificazione è stato esaminato, presso il Tribunale Ecclesiastico della diocesi di Buenos Aires, il caso di Olga Nuñez. Affetta da un melanoma che aveva intaccato anche il cervello, rimase gradualmente paralizzata.
Davanti all’inefficacia delle cure mediche, le Figlie di San Camillo che lavoravano nell’ospedale in cui la donna era stata ricoverata posarono su di lei una reliquia di madre Giuseppina e iniziarono una novena per chiedere la sua intercessione. A partire da quel momento, l’ammalata cominciò a migliorare, fino a essere dichiarata perfettamente guarita.
Il 16 marzo 1993 la Consulta Medica ha concluso che il fatto era inspiegabile secondo le conoscenze scientifiche del momento. Il 4 giugno seguente, i Consultori Teologi hanno espresso parere favorevole circa il nesso tra l’asserita guarigione e l’intercessione di madre Giuseppina. Anche i cardinali e i vescovi della Congregazione delle Cause dei Santi hanno confermato, il 5 ottobre 1993, quell’opinione positiva.
Il 23 dicembre 1993, infine, san Giovanni Paolo II ha autorizzato la promulgazione del decreto con cui la guarigione di Olga Nuñez era miracolosa e ottenuta per intercessione della fondatrice delle Figlie di San Camillo.
Lo stesso Pontefice l’ha beatificata il 16 ottobre 1994 a Roma.
Il secondo miracolo esaminato per la canonizzazione è avvenuto nella città di Sinop, in Brasile. Le Figlie di San Camillo, presenti lì dal 1981, nel 2004 erano finalmente riuscite a ottenere, grazie alla carità dei cittadini, la costruzione di una casa di riposo per anziani, che avrebbe portato il nome di madre Giuseppina.
Il 19 agosto 2007 un operaio, Arno Celson Klauck, stava lavorando a un vano ascensore all’interno dell’edificio in costruzione. Mentre posizionava delle assi di legno per chiudere il vano, cadde al suo interno, da un’altezza di oltre dieci metri, corrispondenti ai tre piani del fabbricato. Nella caduta gli venne spontaneo invocare madre Giuseppina, esclamando: «Madre mia, aiutami!».
Il figlio dell’operaio e un collega accorsero e lo tirarono fuori illeso, a parte alcune escoriazioni. Anche i medici del pronto soccorso dell’ospedale di Sinop non trovarono alcun danno né al cervello né agli altri organi. Qualche tempo dopo, Arno ebbe dolori alla schiena. Successivi esami hanno riscontrato che non erano dovuti alle conseguenze della caduta.
Il 27 settembre 2019 la Consulta Medica ha riconosciuto l’inspiegabilità tecnica del caso di scampato pericolo, mentre il 19 febbraio 2019 i Consultori Teologi hanno espresso parere favorevole circa la natura miracolosa dell’evento. I cardinali e i vescovi della Congregazione delle Cause dei Santi, il 7 maggio 2019, hanno confermato il nesso tra l’accaduto e l’intercessione di madre Giuseppina Vannini.
Il 13 maggio 2019, ricevendo in udienza il cardinal Giovanni Angelo Becciu, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto con cui quello avvenuto ad Arno Celson Klauck era riconosciuto come miracolo ottenuto per intercessione della fondatrice delle Figlie di San Camillo. Lo stesso Pontefice l’ha canonizzata il 13 ottobre 2019.
Le Figlie di San Camillo oggi sono circa ottocento suore professe, ottenuta la definitiva approvazione ecclesiastica nel 1931, sono presenti in ventidue Paesi di quattro continenti.
Come alle origini, seguendo il carisma di san Camillo vissuto dai loro fondatori, si dedicano all’assistenza sia sul piano professionale, sia su quello spirituale, in ospedali, lebbrosari, case di riposo e case di cura. Gestiscono anche scuole per infermiere. Soprattutto, continuano a professare, in aggiunta ai tre voti religiosi e in pieno stile camilliano, quello di non lasciare mai i malati, neanche quando è in pericolo la loro stessa vita.
Postulazione
Sr. Bernedetta Rossoni, postulatrice
Istituto Figlie di San Camillo
Via Anagnina, 18 – 00046 Grottaferrata (Rm)