LEGGO IL TESTO
Dal Vangelo secondo Luca 1,39-56
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo.
Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Allora Maria disse:
«L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome;
di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.
Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
come aveva detto ai nostri padri,
per Abramo e la sua discendenza, per sempre».
Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.
Liturgia della Parola: https://www.lachiesa.it/calendario/20240815.html
MI LASCIO ACCOMPAGNARE NELLA MEDITAZIONE
Nella solennità di Maria assunta in cielo ci viene donato il vangelo più gioioso di tutti, l’incontro tra due donne gravide che ballano di felicità. Gioia, felicità, letizia sono le parole chiavi di questa solennità e di questa giornata.
È bello però il Vangelo di oggi per spiegarci cosa significhi essere salvati in anima e corpo ci fa leggere il brano del Vangelo di Luca che parla della visita di Maria a Elisabetta. Sembra che la liturgia voglia suggerirci che il vero paradiso è quando cerchiamo e troviamo qualcuno che ci vuole realmente bene, e che il primo sintomo della resurrezione è la gioia. La stessa gioia che fa sussultare il bambino nel grembo di Elisabetta, e che fa cantare il Magnificat a Maria.
Carissimi fratelli e sorelle, Dio viene come gioia. Per due volte Luca ripete che il bambino salta di gioia nel grembo. In quel bambino è l’umanità intera che sperimenta che Dio dà gioia. Dio viene come abbraccio. La preghiera di Maria non nasce nella solitudine, ma nell’abbraccio di due donne, in uno spazio di affetto. Dio viene nelle mie relazioni, mediato da persone, da incontri, da dialoghi, da abbracci.
Il segno distintivo che siamo fatti per il cielo lo si vede dalla gioia che proviamo e che portiamo. Un cristiano o è un portatore di gioia o non è cristiano. Ma non la gioia dei sorrisi, ma la gioia di sapersi amati definitivamente. È la gioia di chi riesce a vedere che Dio rovescia i potenti dai troni e innalza gli umili. Fa capire le cose agli umili e confonde le idee ai superbi. Provvede a chi si riconosce povero e lascia a bocca asciutta coloro che pensano di essere ricchi.
La gioia è la forza dello Spirito che spinge a lodare e a benedire, come fa Elisabetta.
«Benedetta tu fra le donne!» La prima parola di Elisabetta è una benedizione che da Maria discende su ogni creatura. Ogni prima parola tra gli uomini dovrebbe avere il «primato della benedizione». Dire a qualcuno «ti benedico!» significa vedere il bene in lui, prima di tutto il bene e la luce. Se non impariamo a benedire chi abbiamo accanto, la vita, non potremo mai essere felice.
L’Assunzione della Beata Vergine Maria ci insegna che dobbiamo essere cristiani gioiosi, che il nostro DNA è la gioia.
Carissimi, la gioia è la più grande conseguenza che nasce dall’esperienza autentica della fede.
È la gioia come senso di pienezza, cioè come ciò che riempie la vita e la riscatta da quella sensazione di vuoto che troppo spesso ne fa da padrona.
È la gioia che nasce dal sapersi amati in maniera definitiva senza se e senza ma.
È la gioia che si manifesta soprattutto nei momenti più difficili e più faticosi.
È la gioia di sapere che non siamo mai radicalmente soli, e che se il nostro cuore ci rimprovera qualcosa, Dio è più grande del nostro cuore.
È la gioia che viene dal perdono, dal vedersi dare quella seconda opportunità che ci fa rimettere in piedi.
È la gioia che cambia lo sguardo dei poveri.
È la gioia che ci rende autentici perché riconciliati con la nostra debolezza.
Un cristiano senza l’esperienza della gioia non è pienamente cristiano. Ma la gioia è dono e scelta. È dono perché nasce solo dal dono di sapersi di qualcuno, dal dono di sapersi amati. È scelta perché bisogna scegliere di vivere nella gioia, e di cominciare a pensare e guardare la nostra vita da un altro punto di vista che radicalmente diverso.
La gioia non è più una promessa che riguarda il futuro ma un’esperienza da scoprire nel presente.
di Padre Walter Vinci MI
ESERCIZIO PER L’ANIMA
Siamo cristiani gioiosi?
Cos’è per noi la gioia?
PREGHIERA
Figlie di re fra le tue predilette;
alla tua destra sta la regina, in ori di Ofir.
Ascolta, figlia, guarda, porgi l’orecchio:
dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre.
Il re è invaghito della tua bellezza.
È lui il tuo signore: rendigli omaggio.
Dietro a lei le vergini, sue compagne,
condotte in gioia ed esultanza,
sono presentate nel palazzo del re.
Sal 44